Quando un amore è la nostra vita, che differenza c'è tra vivere insieme e morire insieme?

Raymond Radiguet
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La nostra interpretazione

Quando il sentimento per una persona diventa il centro assoluto dell’esistenza, la distinzione tra la vita quotidiana e la possibilità della morte perde gran parte del suo significato. Se il senso del vivere coincide con la presenza dell’altro, ciò che conta non è tanto la durata del tempo, ma l’intensità della condivisione. L’idea di stare insieme, giorno dopo giorno, o di affrontare persino la fine, purché uniti, viene quasi sullo stesso piano. In questa prospettiva l’individuo rinuncia a una parte della propria autonomia emotiva: l’identità si fonde con il legame, fino a trasformare il “noi” in qualcosa di più forte del singolo. La paura della separazione supera quella della morte, perché la solitudine affettiva appare come una forma di annientamento più radicale. C’è, allo stesso tempo, un romanticismo assoluto e una nota tragica: l’amore diventa destino, e ogni alternativa che non lo includa sembra priva di valore. In questo modo il legame amoroso assume una dimensione quasi sacrificale, dove il massimo compimento coincide con la totale condivisione del destino, nel bene e nel male.

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