L'invidia è il tormento dell'impotenza.— Salvatore Natoli
L'invidia è il tormento dell'impotenza.
Bisogna sottrarsi tanto alla rivincita dei nemici quanto al compianto impotente di coloro che ci amano.
Dalla tecnica non giunge la salvezza ma almeno è garantito l'aiuto.
Il magnanimo non guarda gli altri non perché li sottovaluta, ma perché trova nel compito che si è prefisso la propria misura.
Il magnanimo, infatti, non va confuso con il generoso: è colui che punta a cose grandi e impegnandosi per questo produce cose buone e, se forte abbastanza, una sovrabbondanza di bene che ridonda a vantaggio di tutti.
Coloro i quali hanno meno fiducia in se stessi, sono i più invidiosi.
L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente.
Come una falena rode un indumento, così fa l'invidia consuma una persona.
Benedetto colui che ha imparato ad ammirare, ma non invidiare, a seguire ma non imitare, a lodare ma non lusingare, a condurre ma non manipolare.
L'uomo invidioso pensa che se il suo vicino si rompe una gamba, egli sarà in grado di camminare meglio.
Ogni persona ha ciò che non vuole, e ciò che vorrebbe l'hanno gli altri.
L'invidia è il segno sicuro del difetto, dunque se è rivolta ai meriti altrui è il segno del difetto di meriti propri.
In termini psicologici potremmo dire che l'invidia è un tentativo un po' maldestro di recuperare la fiducia e la stima in sé stessi, impedendo la caduta del proprio valore attraverso la svalutazione dell'altro.
Il morso dell'invidia è quello spasmo doloroso che ci afferra nostro malgrado alla vista di qualcuno che possiede quello che non possediamo e che desideriamo. E' il prodotto della vertigine della mancanza.
Se a ciascun l'interno affanno Si leggesse in fronte scritto Quanti mai, che invidia fanno Ci farebbero pietà!