Possiamo descrivere il nostro odio, la nostra gelosia, le nostre paure, le nostre vergogne. Ma non la nostra invidia.
In termini psicologici potremmo dire che l'invidia è un tentativo un po' maldestro di recuperare la fiducia e la stima in sé stessi, impedendo la caduta del proprio valore attraverso la svalutazione dell'altro.
L'amicizia è una forma di amore impregnata, intessuta di eticità.
Non esiste movimento senza una differenza, non esiste innamoramento senza la trasgressione di una differenza.
La reciprocità d'amore significa che entrambi vogliono assieme ciò che è importante per ciascuno.
Di tutte le virtù la speranza è quella più importante per la vita. Perchè senza di essa chi oserebbe iniziare una qualsiasi attività, intraprendere una qualsiasi impresa? Chi avrebbe il coraggio di affrontare il futuro, oscuro, incerto, imprevedibile?
Il male è che se c'è qualcosa di bello qualcuno vuole che sia brutta. Il male è un bambino che piange perché ha paura di mostri che non ci sono. Il male è non essere capaci di ballare e decidere di maledire chi balla invece di imparare a farlo.
L'invidia è una pandemia.
Alla resa dei conti, non c'è vizio che nuoccia tanto alla felicità dell'uomo come l'invidia.
La spia va a caccia per conto d'altri, come il cane; l'invidioso va a caccia per conto proprio, come il gatto.
L'invidia si annida in fondo al cuore umano come una vipera nella sua tana.
Il cane chiuso nel recinto abbaia a quello che scorrazza liberamente.
L'invidioso è destinato a non godere mai.
Congratularsi vuol dire esprimere con garbo la propria invidia.
L'invidia è l'arte di contare i colpi di fortuna degli altri anziché i propri.
L'invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il "mio" male.
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