L'invidia è l'arte di contare i colpi di fortuna degli altri anziché i propri.
L'invidia o il puntìglio, cortesi amici, può far de' volumi contro l'opere grandi, ma non mai opprimerle sotto il lor peso.
L'invidia è naturale all'uomo: tuttavia è un vizio e una disgrazia allo stesso tempo.
Alla resa dei conti, non c'è vizio che nuoccia tanto alla felicità dell'uomo come l'invidia.
Dall'invidia all'ammirazione c'è un passo: l'onestà.
L'invidia è come prendere un veleno e aspettare che l'altra persona muoia.
Anche in uno stato oppresso c'è la possibilità per un uomo saggio di manifestarsi, e in uno fiorente e felice regnano la sfrontatezza l'invidia e mille altri vizi che rendono inerti.
Non invidiamo quelli che stanno più in alto: quelle che sembravano vette si sono rivelate dirupi.
Invidioso non è tanto chi soffre che altri abbia qualcosa che lui non ha, quanto chi soffre che altri abbia ciò che lui ha.
Congratularsi vuol dire esprimere con garbo la propria invidia.
L'invidia sempre vile e bassa, avversa alla giustizia e alla benevolenza è quella che sbandisce dall'animo ogni pace e tranquillità nel suo livore, che è capace del tradimento e della calunnia per opprimere ed abbassare il merito, che si espone giustamente all'odio ed all'esecrazione di tutti.