L'invidioso piange più del bene altrui che del proprio male.
Il ricco mangia, il povero si nutre.
Non migliora affatto il proprio stato chi cambia solamente luogo e non vita e abitudini.
Cento delinquenti fanno meno male di un giudice cattivo.
Non è felice quello a cui la fortuna non può dare di più, ma quello al quale non può togliere nulla.
L'invidia è così magra e pallida perché morde e non mangia.
Ci esprimiamo ai massimi livelli se c'è da spazzare via la vergogna, l'invidia e la ripicca internazionale... ma non si può mica sempre vivere nello "Stato di massima allerta" per mantenere uno sport in salute.
L'invidia, il sentimento più fortificante e più puro.
Provare invidia è umano, assaporare la gioia per il danno altrui è diabolico.
Certo che la fortuna esiste. Altrimenti come potremmo spiegare il successo di quelli che non ci piacciono?
L'invidia è come prendere un veleno e aspettare che l'altra persona muoia.
Anche in uno stato oppresso c'è la possibilità per un uomo saggio di manifestarsi, e in uno fiorente e felice regnano la sfrontatezza l'invidia e mille altri vizi che rendono inerti.
Tra invidia e superbia c'è una sottile parentela dovuta al fatto che il superbo, se da un lato tende a superare gli altri, quando a sua volta viene superato non si rassegna, e l'effetto di questa non rassegnazione è l'invidia.
L'invidia è l'arte di contare i colpi di fortuna degli altri anziché i propri.
L'invidia deriva dal confronto irrazionale fra quanto hanno raggiunto altre persone e quanto avete raggiunto voi. Non è la mancanza delle qualità che possiedono gli altri a causare il vostro insuccesso, bensì l'incapacità di valorizzare a dovere le qualità che possedete.
L'invidia ha gli occhi e la fortuna è cieca.