Avidamente allargo la mia mano: dammi dolore cibo cotidiano.— Salvatore Quasimodo
Avidamente allargo la mia mano: dammi dolore cibo cotidiano.
Mi trovi deserto, Signore, nel tuo giorno, serrato ad ogni luce. Di te privo spauro, perduta strada d'amore, e non m'è grazia nemmeno trepido cantarmi che fa secche mie voglie.
E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull'erba dura di ghiaccio, al lamento d'agnello dei fanciulli, all'urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo?
I monti a cupo sonno supini giacciono affranti.
Il cuore domanda o che i suoi piaceri siano accresciuti o che i suoi dolori siano compianti, domanda di agitarsi e di agitare perché sente che il moto è nella vita e la tranquillità nella morte.
Poiché il dolore è la suprema emozione di cui è suscettibile l'uomo, esso è a un tempo il tipo e il modello di ogni grande arte.
Il dolore indurisce. Il grande dolore indurisce maggiormente.
È sempre difficile consolare un dolore che non si conosce.
Abbandona l'ira, trascura l'orgoglio, passa oltre ogni vincolo: nessun dolore tocca l'uomo distaccato da nome e forma, e che non possiede nulla.
Il limite estremo della grandezza dei piaceri è la rimozione di tutto il dolore. Dove sia il piacere, e per tutto il tempo che vi sia, non vi è posto per dolore fisico, o dell'anima, o per l'uno e l'altro insieme.
Ma il dolore non intende prestare ascolto alla ragione, perché il dolore ha una sua propria ragione che non è ragionevole.
Non credo che nessuno di noi possa parlare del dolore finché non ne è fuori.
Credo che uccidere qualsiasi creatura vivente sia un po' come uccidere noi stessi e non vedo differenze tra il dolore di un animale e quello di un essere umano.
Chi continua a esultare sul rogo, non trionfa sul dolore, bensì sul fatto che, contrariamente a quanto si aspettava, non sente alcun dolore. Una allegoria.
Dalla mia più tenera età una freccia di dolore si è piantata nel mio cuore. Finché vi rimane - sono ironico - se la si strappa, muoio.