Moriamo peggiori di quando siamo nati. La colpa è nostra, non della natura.
Ogni tipo di ambizione ha questo grave difetto: non guarda indietro.
Nessuno ha concluso niente: rimandiamo sempre tutto al futuro.
Volgi la mente da questa bassa aiuola a così eccelse meditazioni! Fallo adesso, finché il tuo sangue è caldo e sei ancora pieno di vigore, questo è il momento per guardare più in alto!
Ti stupisci come di un fatto inaudito, perché, pur avendo viaggiato a lungo e in tanti posti diversi, non ti sei scrollato di dosso la tua tristezza e il tuo malessere spirituale? Devi cambiare animo, non cielo.
A volte domandiamo insistentemente cose che rifiuteremmo se qualcuno ce le offrisse.
La paura della morte abita nella maggior parte di noi, a un livello più o meno alto, perché non è forse la morte considerata il grande «ignoto»?
Se si sfrega a lungo e fortemente le dita di una mano sul dorso dell'altra e poi si annusa la pelle, l'odore che si sente, quello è l'odore della morte.
La pallida morte batte ugualmente al tugurio del povero come al castello dei re.
Molte persone hanno così tanta paura di morire da non riuscire a vivere.
La morte è il fondo scuro che serve a uno specchio se vogliamo vedere qualcosa.
Posso morire quando voglio: questo è il mio elisir di vita.
Morire sarà, su per giù, come quando su una vetrina una saracinesca s'abbassa.
Un bel morir, tutta la vita onora.
L'ambizione è la morte del pensiero.
L'orrendo della morte è il suo cerimoniale. Quanto più bello sarebbe andarsene al cimitero da soli, a piedi.