L'io, io!... Il più lurido di tutti i pronomi.
L'italiani sono di simulato sospiro.
Le inopinate catastrofi non sono mai la conseguenza o l'effetto che dir si voglia d'un unico motivo, d'una causa al singolare: ma sono come un vortice, un punto di depressione ciclonica nella coscienza del mondo, verso cui hanno cospirato tutta una molteplicità di causali convergenti.
Gli italiani, generosissimi in tutto, non sono generosi quando si tratta di pensare.
Ma sognare è un fiume profondo, che precipita a una lontana sorgiva, ripùllula nel mattino di verità.
È spiacevole dover parlare di avvenimenti spiacevoli: ma la chiarezza è la prima qualità di un racconto.
L'Io non va annullato, va piuttosto educato, purificato, talora severamente disciplinato, per raggiungere quella purezza verso cui è effettivamente predisposto.
Spesso si dice che questa o quella persona non ha ancora trovato se stesso. Ma l'io non è qualcosa che si scopre: è qualcosa che si crea.
Io: abbreviazione di Dio.
Ogni uomo forte raggiunge immancabilmente ciò che il suo vero io gli ordina di volere.
Depreco egualmente il trionfalismo di Kant e in genere di quelle filosofie che, trovando necessario partire dall'io, inneggiano ad esso come se fosse una grande conquista e non invece la miserabile sorte che ci è toccata.
Il piacere di essere gregge è più antico del piacere di essere io: e finché la buona coscienza si chiama gregge, solo la cattiva coscienza dice: io.
L'io, ciò che non può mai divenire oggetto.
Quale altro carcere è scuro come il nostro cuore! Quale carceriere così inesorabile come il nostro io!
Vorrei poter dimenticare che io son io.