Quel che il pubblico ti rimprovera, coltivalo, è il tuo io.— Jean Cocteau
Quel che il pubblico ti rimprovera, coltivalo, è il tuo io.
Il tatto nell'audacia, è sapere fino a che punto ci si può spingere troppo avanti.
Il lusso è una virtù nobile, che non va confusa con il comfort.
Il mistero è una posizione troppo favorevole perché uno spirito beneducato vi si mantenga.
Il verbo amare è uno dei più difficili da coniugare: il suo passato non è semplice, il suo presente non è indicativo e il suo futuro non è che un condizionale.
Certo che la fortuna esiste. Altrimenti come potremmo spiegare il successo degli altri?
In molti individui appare già come una sfrontatezza che abbiano il coraggio di pronunciare la parola "io".
Vorrei poter dimenticare che io son io.
Quale altro carcere è scuro come il nostro cuore! Quale carceriere così inesorabile come il nostro io!
L'Io si arricchisce nel confronto con le diversità, ma senza venire cancellato o assorbito. Il dialogo, che unisce gli interlocutori, presuppone la loro distinzione e una piccola, ma insopprimibile e feconda distanza.
Spesso si dice che questa o quella persona non ha ancora trovato se stesso. Ma l'io non è qualcosa che si scopre: è qualcosa che si crea.
L'io, io!... Il più lurido di tutti i pronomi.
Chi è io? Cos'è questo intervallo tra me e me?
Come il cavaliere, se non vuole essere disarcionato dal suo cavallo, è costretto spesso a ubbidirgli e a portarlo dove vuole, così anche l'Io ha l'abitudine di trasformare in azione la volontà dell'Es come se si trattasse della volontà propria.
Di tutte le parole di tutte le lingue che conosco, quella che ha la massima concentrazione è l'inglese "I".