Essere giovani è non possedere se stessi.
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Nelle parole c'è qualcosa d'impudico.
Questo paese, dove sono nato, ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l'ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi di molto.
Il gesto - il gesto - non dev'essere una vendetta. Dev'essere una calma e stanca rinuncia, una chiusa di conti, un fatto privato e ritmico. L'ultima battuta.
Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il Cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio.
I giovani hanno la memoria corta, e hanno gli occhi per guardare soltanto a levante; e a ponente non ci guardano altro che i vecchi, quelli che hanno visto tramontare il sole tante volte.
I giovani hanno sempre lo stesso problema: come riuscire a ribellarsi e conformarsi al tempo stesso. Adesso lo hanno risolto ribellandosi ai genitori e copiandosi a vicenda.
Il giovane che non ha pianto è un selvaggio, e il vecchio che non ride uno stolto.
Se la gioventù è un difetto, essa è un difetto di cui ci liberiamo troppo presto.
Molti giovani universitari sono come un fiume in perenne piena. Sono sempre fuori corso.
I giovani ridono senza motivo. È una delle loro maggiori attrattive.
I giovani di oggi sono davvero terribili. Non hanno il benché minimo rispetto per i capelli tinti.
Giovani non si nasce, si diventa.
L'uomo è condannato o a consumare la gioventù senza proposito, la quale è il solo tempo di far frutto per l'età che viene, e di provvedere al proprio stato, o a spenderla in procacciare godimenti a quella parte della sua vita, nella quale egli non sarà più atto a godere.