Odio e amo.Tu forse me ne chiedi come io faccia.Non lo so. ma sento che ciò accadeed è la mia tortura.

Gaio Valerio Catullo
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La nostra interpretazione

L’io che parla esprime una condizione emotiva lacerata e paradossale: due sentimenti opposti, l’odio e l’amore, convivono nello stesso tempo e verso la stessa persona. Non si tratta di un ragionamento lucido, ma di un’esperienza che sfugge al controllo della volontà e della logica. Chi prova questi sentimenti sente di non poterne spiegare l’origine né il funzionamento: il perché di ciò che accade non è accessibile alla mente, ma solo al corpo e al cuore, attraverso un sentire intenso e ambiguo. Proprio questa incoerenza interiore diventa motivo di sofferenza: amare e odiare simultaneamente significa non trovare pace né in un rifiuto definitivo né in un abbandono fiducioso. È una condanna a oscillare tra desiderio e risentimento, tra attrazione e repulsione. L’altro, oggetto di tale ambivalenza, acquista un potere enorme: basta la sua presenza o la sua memoria per scatenare questo conflitto interno. La tortura non viene solo dalla persona amata, ma dall’impossibilità di riconciliarsi con se stessi, dal dover abitare una contraddizione che non si scioglie. È il ritratto di un amore estremamente umano, in cui la purezza del sentimento è contaminata dalla ferita, dalla delusione, dalla gelosia, e tuttavia non per questo perde la sua forza, anzi la intensifica fino al dolore più acuto.

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