L'avarizia degli uomini è tanto grande che ciascuno s'ingegna quanto può di prender molto dagli altri e di render poco.
Gli amici non sono altro che nemici coi quali abbiamo concluso un armistizio non sempre onestamente rispettato.
Non s'impara qualcosa dagli altri che nelle conversazioni a due, dove colui che insegna si adatta alla natura dell'altro, rispiega, esemplifica, domanda, discute e non detta il suo verbo dall'alto.
Lo stato mantiene le scuole perché i padri di famiglia le vogliono e perché lui stesso, avendo bisogno tutti gli anni di qualche battaglione di impiegati, preferisce tirarseli su a modo suo e sceglierli sulla fede di certificati da lui concessi senza noie supplementari di vagliature più faticose.
Finalmente è arrivato il giorno dell'ira dopo i lunghi crepuscoli della paura...
L'uomo non è che un quadrupede riottoso e maligno che, a forza di superbia, riesce a star ritto sulle zampe di dietro.
Un avaro non può mai essere virtuoso.
Vissero infelici perché costava meno.
La città è travagliata da questi due vizi: l'avarizia e la lussuria; e queste pesti hanno rovinato tutte le grandi cose dell'impero.
L'avarizia ci toglie il piacere di spendere, ma ci dà quello di non aver speso.
Piangiamo sulla povertà, ma non inteneriamoci per l'avarizia nemmeno se è l'avarizia di un povero.
Il verbo «dare» gli è tanto in odio che non dice mai «Ti dò il buon giorno», ma «... te lo impresto».
Sono avaro e per non farmene accorgere mi sto rovinando. Ogni volta che vado a pranzo con degli amici voglio essere sempre io quello che paga per tutti.
L'avaro prova insieme tutte le preoccupazioni del ricco e tutti i tormenti del povero.
Il parsimonioso è il più ricco degli uomini, l'avaro il più povero.
Login in corso...