Quando abbiamo imparato a vivere, moriamo.
Temo il dolore fisico in quanto penso che esso possa limitare la mia libertà. Ho paura di non saperlo sopportare.
Non capisco come si possa essere gente annoiata e gente spensierata. Sono gli stessi, forse.
Silenzio come pienezza, non povertà. Dal silenzio nasce sia l'attesa che l'appagamento.
La violenza resta per me un grosso problema. Forse deriva da quel cieco bisogno dell'essere non civilizzato, che non sente abbastanza il rispetto di sé e degli altri. Ma quello che è ancora più pauroso è la violenza collettiva o quella violenza che si ammanta di legge, la dittatura.
Come per la scrittura, anche la pittura fa una selezione. Lo scrittore la fa nella memoria e nel vocabolario, il pittore la fa nella memoria dell'arte e nella natura stessa, scegliendo secondo la propria sensibilità.
Come uomini siamo uguali davanti alla morte.
La morte ci consuma giorno per giorno, non ci trascina via all'improvviso.
Non si può scegliere il modo di morire. E nemmeno il giorno. Si può soltanto decidere come vivere. Ora.
Soltanto l'assoluto e l'universale può morire; noi moriamo in quanto siamo il morire dell'assoluto.
La morte come desiderio si trova davvero ovunque, e non è necessario scavare molto nell'uomo per trarla alla luce.
Non vorremo morire. Ogni vita è una successione di idee che non si vorrebbe interrompere.
E' assai difficile, se non impossibile, trovare un morto con la faccia da stupido. Fra le conseguenze di ogni trapasso, questa la principale.
Voglio che la morte mi colga mentre pianto i miei cavoli, per niente preoccupato per lei e meno ancora del mio orto imperfetto."
Oltre all'attesa di quello che accadrà dopo la morte, mi inquietano altri due interrogativi antecedenti e senza risposte: quando e come moriro? E il quando è meno preoccupante del come.
Molte persone muoiono a venticinque anni e non vengono sepolti fino a quando non ne hanno settantacinque.