Qualsiasi essere amato - anzi, in una certa misura qualsiasi essere - è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.
— Marcel Proust
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La nostra interpretazione
Il pensiero esprime il carattere ambivalente del legame affettivo e, più in generale, del rapporto con l’altro. Quando qualcuno ci sfugge, quando può allontanarsi o perderci, la sua figura si carica di fascino, desiderio, nostalgia. Il rischio della perdita rende l’altro prezioso, intensifica l’attenzione, mantiene vivo il sentimento. La distanza, la possibilità dell’abbandono e dell’assenza accendono l’immaginazione, che ingrandisce le qualità amate e le rende quasi irrinunciabili.
Al contrario, quando una persona è percepita come stabilmente acquisita, sempre disponibile, senza la minaccia di una rottura o di un cambiamento, subentra pian piano la noia. La sicurezza assoluta attenua il desiderio, anestetizza la curiosità, spegne la tensione che alimenta l’amore e l’interesse. L’abitudine erode il mistero, e ciò che prima appariva unico e insostituibile diventa sfondo, routine, presenza scontata.
Viene messa in luce una fragilità profonda del cuore umano: il bisogno di alternanza tra vicinanza e distanza, tra certezza e incertezza, per mantenere vivo il valore dell’altro. Non si tratta solo di capriccio, ma di una dinamica psicologica in cui il limite, il rischio e la possibilità di perdere ciò che si ama rendono il legame più vero, mentre il possesso totale tende a impoverirlo. In questa tensione si rivela quanto l’amore sia legato non soltanto alla presenza, ma anche al timore della perdita.