Prendere un'abitudine è cominciare a cessare di essere.
Accade invariabilmente che il punto di partenza della saggezza sia la paura.
La fede che non dubita non è fede.
L'uomo muore di freddo, non di oscurità.
Quanto è più fredda l'anima più, al ridestarsi dalle sue notti spirituali, si trova imbevuta nella rugiada della grazia.
Chi viaggia molto non cerca posti nuovi, ma fugge da quelli vecchi.
L'abitudine è, fra tutte le piante umane, quella che ha meno bisogno di un suolo nutritivo per vivere e la prima a spuntare sulla roccia apparentemente più desolata.
L'abitudine al lavoro modera ogni eccesso, induce il bisogno, il gusto dell'ordine; dall'ordine materiale si risale al morale: quindi può considerarsi il lavoro come uno dei migliori ausiliari dell'educazione.
Un'abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità.
Se si tollera qualcosa, diventa sopportabile e poco tempo dopo anche normale.
L'abitudine è la più infame delle malattie perché ci fa accettare qualsiasi disgrazia, qualsiasi dolore, qualsiasi morte.
L'abito è grande maestro, ma di per sé insufficiente, se non vi si aggiunga la ragione pensata e la volontà di quello a che l'uomo si viene abituando.
L'abitudine è un mostro che consuma e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni. Allo stesso modo è un angelo in tutto ciò che dà inaspettatamente alle azioni buone e virtuose una facilità, una sembianza naturale, che le fa credere innate nell'uomo.
Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendo.
L'abitudine rende sopportabile anche le cose spaventose.
L'abitudine è la grande guida della vita umana.