Le sciocche e laide abitudini sono le corruzioni della nostra natura.
A' generosi, giusta di glorie dispensiera è Morte.
La quiete si ha da sacrificare alla coscienza e all'onore.
L'uomo dabbene in mezzo a' malvagi rovina sempre; e noi siam soliti ad associarci al più forte, a calpestare chi giace, e a giudicar dall'evento.
Che è mai l'uomo? Il coraggio fu sempre dominatore dell'universo perché tutto è debolezza e paura.
Già il dotto e il ricco ed il patrizio vulgo, decoro e mente al bello italo regno, nelle adulate reggie ha sepoltura già vivo, e i stemmi unica laude.
Non è possibile o non è facile mutare col ragionamento ciò che da molto tempo si è impresso nel carattere.
L'abitudine è una seconda natura che distrugge la prima.
Un'abitudine, se non contrastata, presto diventa una necessità.
Le viziose abitudini sono altrettante catene che ritengono l'uomo in una misera schiavitù. Guardisi dal contrarne veruna chi vuol conservare intera la sua libertà.
Se l'abitudine è una seconda natura, ci impedisce di conoscere la prima, della quale non ha né la crudeltà, né gli incanti.
Viviamo di solito nell'abitudine, con il nostro essere ridotto al minimo. Le nostre facoltà restano addormentate, riposando sui guanciali dell'abitudine: essa sa quello che c'è da fare e non ha bisogno di loro.
Nessuno osa dire addio alle proprie abitudini. Più di un suicida s'è fermato sulle soglie della morte pensando al caffè dove andava a giocare tutte le sere la sua partita a domino.
L'abitudine è un mostro che consuma e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni. Allo stesso modo è un angelo in tutto ciò che dà inaspettatamente alle azioni buone e virtuose una facilità, una sembianza naturale, che le fa credere innate nell'uomo.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
L'abitudine ci nasconde il vero aspetto delle cose.
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