L'abito è grande maestro, ma di per sé insufficiente, se non vi si aggiunga la ragione pensata e la volontà di quello a che l'uomo si viene abituando.
L'amicizia fugge dalla ricchezza, come colomba dal falco.
L'uomo è indizio, strumento, limite all'uomo. Di questo principio esce la giurisprudenza e la politica tutta.
Chi nel primo colloquio vi fa periodi lunghi, difficile vi diventi amico.
Non è coraggio senza pazienza, non è gioia senza fatica, non è forza senza dolcezza, senza umiltà non è gloria.
Chi non sente l'amicizia de' luoghi, non ama davvero né le persone.
L'abitudine è in qualche modo simile alla natura, giacché "spesso" e "sempre" sono vicini; la natura è di ciò che è sempre, l'abitudine di ciò che è spesso.
L'abitudine è una grande sordina.
L'abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d'averla addosso ogni fibra di noi s'è adeguata, ogni gesto s'è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.
Se si tollera qualcosa, diventa sopportabile e poco tempo dopo anche normale.
Viviamo di solito nell'abitudine, con il nostro essere ridotto al minimo. Le nostre facoltà restano addormentate, riposando sui guanciali dell'abitudine: essa sa quello che c'è da fare e non ha bisogno di loro.
Non nella novità, ma nell'abitudine troviamo i piaceri più grandi.
Mi stavo abituando a mettere mia moglie sotto un piedistallo.
Molte cose indifferenti, fatte dagli uomini per un qualche motivo, continuano a farsi per abitudine.
Non è possibile o non è facile mutare col ragionamento ciò che da molto tempo si è impresso nel carattere.
È grande la forza dell'abitudine.
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