La forma sublime del disprezzo è il perdono.— Nicolás Gómez Dávila
La forma sublime del disprezzo è il perdono.
Quando si è giovani si teme di passare per stupidi; nell'età matura si teme di esserlo.
Quanto più gravi sono i problemi, tanto maggiore è il numero di inetti che la democrazia chiama a risolverli.
Solo una cosa non è vana: la perfezione sensuale dell'istante.
Finiamo sempre col vergognarci di aver condiviso un entusiasmo collettivo.
Nei Paesi borghesi come in terra comunista l'"evasione dalla realtà" è deplorata in quanto vizio solitario, perversione debilitante e abietta. Tale "evasione" è la fugace visione di splendori perduti e la probabilità di un verdetto implacabile sulla società attuale.
Non illuderti: la passione non ottiene mai perdono. Non ti perdono neanch'io, che vivo di passione.
Perdoniamo tutto a noi stessi e nulla agli altri.
La gioventù, a cui si perdona tutto, non si perdona nulla; alla vecchiaia, che si perdona tutto, non si perdona nulla.
Se puoi perdonare qualcuno verso cui hai provato rancore, percepirai almeno una visione fugace di ciò che significa essere veramente liberi.
Noi siamo tutti impastati di debolezze e di errori: perdonarci reciprocamente le nostre balordaggini è la prima legge di natura.
Quando il male passa, perdoniamo Dio.
Sentirsi perdonare le proprie manchevolezze non è meno piacevole che perdonarle agli altri. Per un attimo intravidero le immense possibilità del bene.
Perdonare quelli che si sottomettono e sconfiggere i superbi.
Si perdonano coloro che ci hanno offeso perché così il conto torna: un'offesa ciascuno. Ma quest'ultima è mortale.
Quando le donne ci amano, ci perdonano tutto, persino i nostri crimini. Quando non ci amano, non danno credito a nulla, nemmeno alle nostre virtù.