Oscar Wilde, attraverso questo aforisma, solleva la questione dell’equità e della felicità individuale in una società che tende ad assegnare ruoli e benefici basati su determinate condizioni di vita. L'affermazione appare paradossale perché suggerisce un'intervento governativo per bilanciare l'ineguaglianza nella distribuzione dell’allegria, ma è più probabilmente una critica satirica alla convenzione sociale che associa felicità e stabilità familiare con il matrimonio. Wilde esplora la natura arbitraria delle aspettative sociali riguardo al successo personale ed emotivo, mettendo in luce come certe forme di vita possano essere penalizzate o premiate solo per conformarsi a standard convenzionali.