È bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla.— Cesare Pavese
È bello scrivere perché riunisce le due gioie: parlare da solo e parlare a una folla.
L'ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa.
Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti.
Nulla è volgare di per sé, ma siamo noi che facciamo la volgarità secondo che parliamo o pensiamo.
Non conta l'esperienza per un artista, conta l'esperienza interiore.
La morte è il riposo, ma il pensiero della morte è il disturbatore di ogni riposo.
Le nostre parole si disperdono. Le nostre parole viaggiano per trovare coloro che ascolteranno.
La parola è stata data all'uomo per nascondere i propri pensieri.
Non parlate male di nessuno in sua presenza, né bene di nessuno alle sue spalle.
Il vero contatto fra gli esseri si stabilisce solo con la presenza muta, con l'apparente non-comunicazione, con lo scambio misterioso e senza parole che assomiglia alla preghiera interiore.
Non parlare mai di pace e di amore: un Uomo ci ha provato e lo hanno crocefisso.
Una buona parola è spesso più utile d'una medicina.
Voce dal sen sfuggita poi richiamar non vale: non si trattiene lo strale, quando dall'arco uscì.
La voce della vita in me non può raggiungere l'orecchio della vita in te; parliamoci, tuttavia, per non sentirci soli.
Un uomo che non parla a nessuno e a cui nessuno parla è come un pozzo che nessuna sorgente alimenta: a poco a poco l'acqua che vi stagna imputridisce ed evapora.