La nostra morte individuale, solitaria e dimenticata nel frastuono delle cose ci incute sgomento in cuore.— Claudio Magris
La nostra morte individuale, solitaria e dimenticata nel frastuono delle cose ci incute sgomento in cuore.
Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un'altra.
Chi ama la vita deve forse amare il suo gioco di incastri, entusiasmarsi non solo per il viaggio verso isole lontane, ma anche per la trafila burocratica relativa al rinnovo del passaporto.
Il mistero è anzitutto l'al di qua, la giornata terrestre con le attese, i ricordi, gli amori, le piccole pene e le piccole gioie, intrise di fragile argilla e di eternità.
Guardato duramente in faccia il conflitto può essere superato.
Ognuno, se guarda entro se stesso, sa bene quali sono stati i limiti delle sue scelte e del suo agire, ma anche quali possibilità erano nelle sue mani e ha perso per sua responsabilità.
Alla fine tutte le cose non devono forse essere inghiottite dalla morte?
"So che morirò, ma non ci credo". Dice Jacques Madaule. Lo so ma non ne sono intimamente persuaso. Se ne fossi persuaso completamente certo non potrei più vivere.
Si dice che muore giovane chi è tanto giovane e saggio.
Tutti i momenti possiamo morire ma, in ogni caso, non prima di domani.
La morte mette fine alla vita, non ad una relazione.
Noi moriamo soltanto quando non riusciamo a mettere radice in altri.
Come il sole la nebbia, così il pensier della morte fuga e discioglie ogni cupidigia, ogn'invidia, ogni odio.
Ognuno di noi parte da una fondamentale certezza: la morte, ma deve approdare ad una altrettanto valida certezza; la vita. Sono questi il NERO ed il BIANCO della nostra esistenza.
La morte è uno stato di perfezione, il solo alla portata di un mortale.
La natura ci destinò per medicina di tutti i mali la morte.