Non c'è caccia come la caccia all'uomo e quelli che hanno cacciato a lungo uomini armati provando piacere a farlo non hanno più interesse per nient'altro.
L'esitazione di fronte al rischio aumenta in proporzione uguale all'età.
Dobbiamo abituarci all'idea: ai più importanti bivi della vita, non c'è segnaletica.
Una volta che abbiamo una guerra c'è solo una cosa da fare. Essa deve essere vinta. Perché la sconfitta porta cose peggiori di quelle che potranno mai accadere in guerra.
Gli scrittori si forgiano nell'ingiustizia come si forgiano le spade.
In Africa una cosa è vera all'alba e falsa a mezzogiorno e per questa cosa non si ha più rispetto di quanto se ne abbia per il bel lago dalla perfetta corona d'erba che si è visto oltre la pianura salina cotta dal sole.
La caccia non è una forma naturale della lotta per l'esistenza, ma un ritorno volontario allo stato selvaggio.
Non sanno di cercare la caccia e non la preda.
La caccia non è che un atto inumano e sanguinario, degno solamente di selvaggi e di uomini che conducono una vita senza coscienza, che non si armonizza con la civiltà e col grado di sviluppo a cui noi ci crediamo arrivati.
È proprio vero che la violenza ricade sul violento, e il cacciatore finisce nella trappola che ha preparato per la sua preda.
La caccia al cervo sarebbe un autentico sport se solo il cervo avesse il fucile.
Il vero cacciatore ama gli animali a cui dà la caccia, forse anche perché li considera complici di questo gioco in cui ritrova la sua origine esistenziale. Non spara, per esempio, sul bersaglio fermo: lo considera sleale.
La caccia e la boxe appartengano alla macelleria, non allo sport.
Gli uomini s'impegnano a correr dietro a una palla e a una lepre: anche i re si divertono a questo modo.
In ogni bestia folgorata da un fucile in un sottobosco si ritorna a punire l'innocenza di Gesù Cristo.
Un piacere senza rischi piace meno.
Il bisogno dell'uomo di ricavare piacere dai suoi processi mentali ricrea sempre nuovi motti che poggiano sui nuovi interessi del giorno.
Il piacere è spesso un visitatore; ma la sofferenza si attacca crudelmente e lungamente a noi.
Il piacere è la sola cosa per cui si dovrebbe vivere. Niente invecchia come la felicità.
Nell'aspettazione il piacere tocca il suo apice.
L'attesa del piacere è essa stessa il piacere.
Felici quelli che senza nuocere a nessuno sanno procacciarsi il piacere, e insensati gli altri che si immaginano che l'Essere Supremo possa rallegrarsi dei dolori e delle pene e delle astinenze ch'essi gli offrono in sacrificio.
Il piacere è troppo effimero, la musica ci solleva un momento soltanto per poi lasciarci più tristi, ma il sonno è una compensazione. Anche quando ci ha lasciati, abbiamo bisogno di qualche secondo per ricominciare a soffrire.
Tutte le cose che mi piacciono sono illegali, immorali oppure fanno ingrassare.
Passano anni interi senza che noi proviamo un piacer vivo, anzi una sensazione pur momentanea di piacere. Il fanciullo non passa giorno che non ne provi. Qual è la cagione? La scienza in noi, in lui l'ignoranza. Vero è che così viceversa accade del dolore.
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