Gli intellettuali. Questo risibile quinto stato.
È inganno tipografico, che una pagina abbia lo spessore esiguo su cui, su entrambi i lati, si stampa. Direi che la pagina comincia da quella esigua superficie in bianco e nero, ma si dilunga e si dilata e sprofonda, ed anche emerge e fa bitorzoli, e cola fuori dai margini.
Lo scrittore sceglie in primo luogo di essere inutile.
"Aver ragione" è la naturale vocazione della follia.
Letteratura è un gesto non solo arbitrario, ma anche vizioso: è sempre un gesto di disubbidienza, peggio, un lazzo, una beffa; e insieme un gesto sacro, dunque antistorico, provocatorio.
In definitiva, ha qualcosa da insegnare solo chi non vuole insegnare.
Gli intellettuali sono come la mafia: si uccidono tra di loro.
Le cose sarebbero chiarissime se gli intellettuali non le spiegassero.
Il diluvio di giornali, tutti i libri pubblicati anno per anno dagli intellettuali, scivolano sui milioni di uomini dei ceti inferiori come l'acqua sul cuoio unto d'olio.
L'intellettuale è uno la cui mente si osserva.
La via più sicura per la perdizione intellettuale: abbandonare i problemi reali per i problemi verbali.
Gli intellettuali non risolvono le crisi, ma le creano.
Il mondo intellettuale si divide in due classi: da una parte i dilettanti, dall'altra i pedanti.
Gli intellettuali sono destinati a sparire con l'avvento dell'Intelligenza Artificiale com'è avvenuto per gli eroi del cinema muto con l'invenzione del sonoro. Siamo tutti dei Buster Keaton.
Gli intellettuali sono divisi su tutto, ma uniti dalla cretineria.