Chi ha roba in mare non ha nulla.
A buon cavallo non gli manca sella.
Fra suocera e nuora ci si sta in malora.
Alla casa del povero ognuno ha ragione.
L'uomo per la parola, e il bue per le corna.
Tenevamo gli occhi fissi nel cielo, e mi pareva che le anime nostre si parlassero attraverso l'epidermide delle nostre mani e si abbracciassero nei nostri sguardi che s'incontravano nelle stelle.
Sabbia a perdita d'occhio, tra le ultime colline e il mare - il mare - nell'aria fredda di un pomeriggio quasi passato, e benedetto dal vento che sempre soffia da nord. La spiaggia. E il mare.
In alto mare, l'aria era fresca, le ferite cicatrizzavano più in fretta e il silenzio si faceva intenso quanto bastava per rendere sopportabili le domande senza risposta e giustificare i propri silenzi.
Chi comanda il mare, guida la storia.
Mi sono preso una cotta formidabile. Fra fuochi e chitarre, in riva al mare e dentro un sacco a pelo. Perché tutti, una volta nella vita, abbiamo diritto di credere che le canzoni dell'estate siano state scritte apposta per noi.
Degna di fiducia è la terra, infido il mare.
Il mare è un antico idioma che non riesco a decifrare.
Il mare non ha paese nemmen lui, ed è di tutti quelli che lo stanno ad ascoltare, di qua e di là dove nasce e muore il sole.
Dobbiamo liberarci dalla speranza che il mare esisterà per sempre. Dobbiamo imparare a navigare nel vento.
Anche per chi ha passato tutta la vita in mare c'è un'età in cui si sbarca.
C'è una sorta di sollievo nel vuoto del mare. Né passato, né futuro.