Non è un piacere stare a osservare il lavoro umano quando questo è ancora fatica, maledizione e schiavitù.— Hermann Hesse
Non è un piacere stare a osservare il lavoro umano quando questo è ancora fatica, maledizione e schiavitù.
I libri hanno valore soltanto se conducono alla vita, se servono e giovano alla vita, ed è sprecata ogni ora di lettura dalla quale non venga al lettore una scintilla di forza, un presagio di nuova giovinezza, un alito di nuova freschezza.
Camminare all'aperto, di notte, sotto il cielo silente, lungo un corso d'acqua che scorre quieto, è sempre una cosa piena di mistero, e sommuove gli abissi dell'animo.
Uno può finire poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Il problema è realizzare il suo proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto fino in fondo dentro di sé.
Tutto diventa un po' diverso appena lo si dice a voce alta.
Felice è chi è capace di amare molto. Ma amare e desiderare non sono la stessa cosa.
La costituzione sovietica garantisce a tutti un lavoro. Un'idea graziosa e inquietante, direi.
Con l'abitudine, il lavoro appare più leggero.
Chi non vuol lavorare neppure mangi.
È evidente che più la società si fa tecnologica, più si riducono i posti di lavoro. E paradossalmente quello che è sempre stato il sogno più antico dell'uomo: la liberazione dal lavoro si sta trasformando in un incubo.
Il lavoro si espande fino a riempire il tempo disponibile per il suo completamento. Un generico riconoscimento di questo fatto è manifesto nella frase proverbiale: "L'uomo più occupato è quello che ha tempo da perdere."
Vogliamo scansare il lavoro. La persona del Cristo compì le conversioni più grandi quando era più stanco.
Il lavoro caccia i vizi derivanti dall'ozio.
Un uomo non è un pigro, se è assorto nei propri pensieri; esistono un lavoro visibile ed uno invisibile.
Per attrarre, il lavoro dev'essere già fatto a metà e bene.
È la fatica dell'uomo che nutre l'ozio alle donne.