Non è un piacere stare a osservare il lavoro umano quando questo è ancora fatica, maledizione e schiavitù.
La solitudine è indipendenza: l'avevo desiderata e me l'ero conquistata in tanti anni. Era fredda, questo sì, ma era anche silenziosa, meravigliosamente silenziosa e grande come lo spazio freddo e silente nel quale girano gli astri.
Io non credo in quei poeti dalle cui menti, si dice, i versi prorompono già compiuti, come dee corazzate. Io so quanta vita interiore e quanto sangue rosso vivo ogni singolo verso genuino deve aver bevuto, prima di poter alzarsi in piedi e camminare da solo.
Sono più le persone disposte a morire per degli ideali, che quelle disposte a vivere per essi.
Chi non può pensare e assumersi in proprio delle responsabilità ha bisogno di un capo e lo invoca.
I nemici dei buoni libri e del buon gusto non sono comunque coloro che disprezzano i libri, ma chi legge di tutto.
Vogliamo scansare il lavoro. La persona del Cristo compì le conversioni più grandi quando era più stanco.
È la fatica dell'uomo che nutre l'ozio alle donne.
Lo Stato si fonda sulla schiavitù del lavoro. Se il lavoro diventerà libero, lo Stato sarà perduto.
Il diritto di vivere non si paga con un lavoro finito, ma con un'infinita attività.
Se fai il lavoro male, dopo magari non te lo fanno fare più.
L'emancipazione della classe lavoratrice deve essere opera della classe lavoratrice stessa.
Alla mia età ho fatto il callo alla solitudine. Una solitudine, però, molto relativa, perché il lavoro riesce a riempire completamente la mia esistenza.
Se le masse lavoratrici rimangono in uno stato di miseria e di abbrutimento, non v'è grandezza di popolo, né dentro, né oltre i confini della Patria.
Legittimo è il desiderio del necessario, e il lavoro per arrivarci è un dovere: «se qualcuno si rifiuta di lavorare, non deve neanche mangiare».
L'uomo sano e saggio non si allontana mai dalla ragione e non si concede nessuno svago se non quello del proprio lavoro.
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