La vita è una ciliegia La morte il suo nòcciolo L'amore il ciliegio.
Un'arancia sulla tavolail tuo vestito sul tappetoe nel mio letto tudolce dono del presentefreschezza della nottecalore della mia vita.
Quelli che hanno quattromilaottocentodieci metri di Monte Bianco, trecento di Torre Eiffel, venticinque centimetri di petto e ne sono fieri.
Questo amore tutto intero, ancora così vivo, tutto pieno di sole, è tuo, è mio.
La nostra vita non è dietro a noi, né avanti, né adesso, è dentro.
Gli uomini, fuggendo la morte, l'inseguono.
La morte è così poco temibile che proprio per merito suo non dobbiamo temere nulla.
La morte è un vile esperimento chimico che viene effettuato su tutti tranne che sugli alberi della sequoia.
Il primo sintomo della morte é la nascita.
Cosa vorrei sulla mia epigrafe? Data di nascita, data di morte. Punto. Le parole delle epigrafi sono tutte uguali. A leggerle uno si chiede: ma scusate, se sono tutti buoni, dov'è il cimitero dei cattivi?
La morte è il riconoscimento della fraternità, della comune natura filiale. Forse è la strada per accogliere l'idea di creazione divina che mi riesce tanto difficile.
Il mondo è un albergo, e la morte la fine del viaggio.
In confronto alla morte, l'amore è una faticosa faccenda infantile, sebbene gli uomini credano più nell'amore che nella morte.
Ed è il pensiero della morte che, in fine, aiuta a vivere.
Credo sia una reazione sana, il riaffermarsi della vita, del piacere e dell'amore dopo aver percorso per molto tempo i territori della morte.