L’amore viene presentato come una forza dotata di una propria logica interna, diversa dai calcoli abituali dell’interesse e dello scambio. Non segue le regole dell’equivalenza, del dare e avere, né quelle dell’attesa di un ritorno proporzionato a ciò che si dona. Viene descritto come qualcosa che possiede una coerenza profonda, riconoscibile da chiunque proprio perché tocca un nucleo essenziale dell’esperienza umana. La sua razionalità non dipende dal successo o dal riconoscimento, ma dalla verità del gesto di donazione. Questo tipo di amore non si misura sulla base della reciprocità: continua a essere autentico anche quando non viene ricambiato, perché il suo fondamento non è il possesso dell’altro, ma il dono di sé. In questa prospettiva, amare significa accettare che il proprio sentimento abbia valore in sé, indipendentemente dalle risposte, dalle conferme o dai risultati. Non è irrazionale, ma segue un criterio diverso: quello della gratuità. La persona amata non è un oggetto da conquistare, ma un volto davanti al quale ci si espone con fiducia, senza garanzia. La dignità di questo amore sta proprio nel fatto che non è condizionato dal successo, dalla sicurezza o dal controllo dell’esito. È una scelta consapevole di restare nell’orizzonte del dono, anche quando l’assenza di reciprocità potrebbe farlo apparire incomprensibile agli occhi del mondo. In questo senso la sua logica è universale: chiunque, in ogni cultura, può riconoscere la serietà e la grandezza di un sentimento che non chiede come condizione di esistere di essere restituito nella stessa misura.