A cattivo principio cattiva fine.
Certamente nemmeno il destinatario di un dono può esserne soddisfatto se chi lo concede sa di poterlo riprendere quando vuole.
Il risultato mostra che la fortuna aiuta gli audaci.
Dà tempo all'ira. Spesso l'indugio non toglie la forza: ma alle forze aggiunge il ragionevole consiglio.
Il fraudolento sa guadagnarsi per tempo la fiducia nelle piccole cose, per tradire poi con grande profitto.
Il male è tanto più tollerabile quanto più lo si conosce.
C'è una fine per tutto e non è detto che sia sempre la morte.
Più o meno, noi desideriamo veder la fine di tutto ciò che operiamo e facciamo; siamo impazienti di giungere al termine, e lieti di esservi giunti. Soltanto la fine totale, la fine di tutte le fini, noi ce l'auguriamo, di solito, il più tardi possibile.
Il presente non costituisce mai il nostro fine. Passato e presente sono mezzi, solo l'avvenire è il nostro fine. Così non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e preparandoci sempre a essere felici è inevitabile che non lo siamo mai.
Il fine, che non può essere conseguito se non con mezzi cattivi, non può essere un fine buono.
Non arriverai mai alla fine del viaggio, se ti fermi a lanciare un sasso a ogni cane che abbaia.
La scuola è fatta per avere il diploma. E il diploma? Il diploma è fatto per avere il posto. E il posto? Il posto è fatto per guadagnare. E guadagnare? È fatto per mangiare. Non c'è che il mangiare che abbia fine a se stesso, sia cioè un ideale. Salvo in coloro, in cui ha per fine il bere.
Il fine può giustificare i mezzi purché ci sia qualcosa che giustifichi il fine.
Da qualche parte esiste una fine. Solo che non si trova un cartello con scritto "Ecco, questa è la fine", come al gradino più alto di una scala non si trova scritto: "Attenzione, questo è l'ultimo gradino. Non fate un passo oltre."
La percezione della fine è dentro ciascuno di noi, è uno stigma della specie, un marchio della sua caducità.