Coloro i quali hanno meno fiducia in se stessi, sono i più invidiosi.
Il divoratore di libri si avvolge nella sua rete di astrazioni verbali, e vede solo la pallida ombra delle cose riflessa dalla mente altrui.
La confessione delle nostre mancanze è un compito ingrato. Sa più di ostentazione che di sincerità e modestia. Sembra come se noi considerassimo le nostre debolezze altrettanto buone quanto le virtù degli altri.
Ogni uomo, secondo la sua opinione, costituisce un'eccezione alle ordinarie regole della moralità.
Quando si vede un fannullone con un libro in mano, si può essere quasi certi che si tratta di una persona senza né forza, né voglia di stare attenta a ciò che gli accade intorno, o dentro la testa.
Alcune persone fanno promesse per il piacere di romperle.
L'invidia si volge alle cose vicine, mentre quelle lontane sono guardate con animo schietto e sincero. La vita del saggio, dunque, spazia per ogni dove, è senza tempo, non è limitata, come quella degli altri mortali.
Dobbiamo credere nella fortuna. Altrimenti come potremmo spiegare il successo di chi non ci piace?
L'emulazione genera positività, l'invidia negatività.
Che cosa è l'uomo che invidia l'altro uomo, se non una miseria che invidia un'altra miseria?
L'invidioso mi loda senza saperlo.
Guardatevi da coloro che si indignano con facilità dal momento che l'indignazione è separata dalla indegnità solo attraverso il velo sottile dell'invidia.
È nel carattere di pochi uomini onorare senza invidia un amico che ha fatto fortuna.
Ho sempre vinto l'invidia, la vigliaccheria e la malvagità coprendole di maestosa invisibilità e di appariscente indifferenza.
L'invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il "mio" male.
Provare invidia è umano, assaporare la gioia per il danno altrui è diabolico.