Il presente si degrada, prima in storia, poi in nostalgia.
La consapevolezza dell'insania di un amore non ha mai preservato nessuno da tale malattia.
La libertà di pensare è il coraggio di imbattersi nei proprio demoni.
Sentimenti virtuosi nascono spontaneamente sul terreno fertile della sofferenza. Più si soffre, più si deve essere virtuosi.
Chi pronuncia parole d'amore è come chi lancia un messaggio in codice con una tramittente difettosa, senza mai essere sicuro di cosa viene captato.
Se non accettiamo gli insegnamenti che l'amore ci ispira, continueremo felici a ripetere indefinitamente gli stessi errori, come mosche che ritornano dementi a picchiare contro i vetri delle finestre, incapaci di capire che il vetro, per quanto trasparente, non può essere attraversato.
La nostalgia dipinge un sorriso sul volto di pietra del passato.
Mi è sempre sembrato che ci sia una parte di slealtà nella nostalgia, come quando dopo che è successo qualcosa, qualcuno dice "te l'avevo detto" o "lo sapevo", e non è mai vero e non aveva detto e non sapeva niente prima che succedesse.
La nostalgia non intensifica l'attività della memoria, non risveglia ricordi, basta a se stessa, alla propria emozione, assorbita com'è dalla sofferenza.
È uno strano dolore morire di nostalgia per una cosa che non vivrai mai.
Il paese della nostra nostalgia è invece il normale, il decoroso, l'amabile, è la vita nella sua seducente banalità.
La nostalgia è rendersi conto che le cose non erano insopportabili come sembravano allora.
La nostalgia è un veleno.
Nostalgico. Dicesi di chi si trova all'estero senza una lira.
La nostalgia è la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare.