L'abitudine è la grande guida della vita umana.
La bellezza delle cose esiste nella mente che le contempla.
Il nostro pensiero è ancora più variabile della nostra vista, e tutti gli altri sensi e facoltà contribuiscono a questo cambiamento, né esiste forse un solo potere dell'anima che resti identico, senza alterazione, un momento.
L'avidità è il pungolo dell'operosità.
Dalla somiglianza delle azioni esteriori degli animali con quelle che noi stessi compiamo, possiamo inferire che quelle interiori assomigliano anch'esse alle nostre.
Io sono naturalmente portato a considerare il mondo come qualcosa di reale e di durevole, che mantiene la sua esistenza anche quando cessa di esser presente alla mia percezione.
Se l'abitudine è una seconda natura, ci impedisce di conoscere la prima, della quale non ha né la crudeltà, né gli incanti.
L'abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d'averla addosso ogni fibra di noi s'è adeguata, ogni gesto s'è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.
Le vecchie abitudini, anche se cattive, turbano meno delle cose nuove e inconsuete. Tuttavia, talvolta è necessario cambiare, passando gradualmente alle cose inconsuete.
Si fa l'abitudine a tutto, anche al continuo peggioramento di ciò che già era ai limiti della sopportazione.
Se non ci fosse l'abitudine, la vita dovrebbe apparire deliziosa a esseri che vivono nella continua minaccia della morte, cioè a tutti gli uomini.
È grande la forza dell'abitudine.
Tutte le abitudini diventano una seconda natura, quando si tengono a lungo le finestre tappate si finisce per amare il puzzo più dell'aria fresca.
L'abitudine è un abito che, indossato da giovani, ci rifiutiamo di togliere vita natural durante.
La natura sbaglia raramente, l'abitudine spesso.
Non cambierò di certo le mie abitudini o i miei comportamenti per paura. Neppure se il senso comune e l'opinione pubblica li condannassero.