Che cosa farò a Roma? Non so mentire.— Decimo Giunio Giovenale
Che cosa farò a Roma? Non so mentire.
Il viandante con le saccoccie vuote può cantare in faccia al ladro.
La pena più tremenda è portare in cuore, notte e giorno, il testimone delle proprie colpe.
L'odore dei soldi è buono, qualunque sia la loro provenienza.
Felice è solo colui che non desidera nulla.
Anche alle cose belle il saggio dà un limite.
Madre comune d'ogni popolo è Roma e nel suo grembo accoglie ognun che brama farsi parte di lei. Gli amici onora; perdona a' vinti; e con virtù sublime gli oppressi esalta ed i superbi opprime.
Roma de travertino, rifatta de cartone, saluta l'imbianchino, suo prossimo padrone.
Non attribuiamo i guai di Roma all'eccesso di popolazione. Quando i romani erano solo due, uno uccise l'altro.
Roma ha questo di buono, che non giudica, assolve.
Sono un cittadino di Roma.
E' insensato andare a Roma se non si possiede la convinzione di tornare a Roma.
I fascisti che il 28 ottobre 1922 entrarono in Roma non dispiacquero in Vaticano. Era la medievale distinzione della Chiesa sulle guerre giuste e quelle ingiuste.
Grazie Roma, che ci fai piangere e abbracciati ancora. Grazie Roma, grazie Roma, che ci fai vivere e sentire ancora una persona nuova.
Sono nata a Hollywood, sono cresciuta a Parigi, ma è solo a Roma che sento come la «mia» città.
Roma, ne l'aer tuo lancio l'anima altera volante: accogli, o Roma, e avvolgi l'anima mia di luce.