Che cosa farò a Roma? Non so mentire.— Decimo Giunio Giovenale
Che cosa farò a Roma? Non so mentire.
La vendetta è il piacere abietto di una mente abietta.
Felice è solo colui che non desidera nulla.
Solo la morte rivela quale misera cosa siano i corpi degli uomini.
L'avaro è senz'altro un pazzo: che senso ha, infatti, vivere da povero per morire da ricco?
La critica è indulgente coi corvi e si accanisce con le colombe.
Ci si annoia talvolta a Roma il secondo mese di soggiorno, ma giammai il sesto, e, se si resta sino al dodicesimo, si è afferrati dall'idea di stabilirvisi.
Nominate Roma; è la pietra di paragone che scernerà l'ottone dall'oro. Roma è la lupa che ci nutre delle sue mammelle; e chi non bevve di quel latte, non se ne intende.
L'Italia si divide in due parti: una europea che arriva all'incirca a Roma, e una africana o balcanica, che va da Roma in giù. L'Italia africana o balcanica è la colonia dell'Italia Europea.
E' insensato andare a Roma se non si possiede la convinzione di tornare a Roma.
Roma è silenziosa e pesante, come fuori dal mondo, come intrecciata in se stessa e incantata. Lo scirocco persiste. I momenti più drammatici del tempo cadono qui senza eco, come nell'eternità.
A Roma ci sono molte cose che nei primi giorni sorprendono, ma alle quali si fa poi l'abitudine. Non esiste città cattolica in cui ci si preoccupi meno della religione.
La potenza romana poggia sui costumi e gli uomini antichi.
Che cosa, migliore di Roma?
Suggello infrangibile dell'unità italiana.
Spesso mi tornano in mente cose che ho dimenticato negli anni. Ad esempio, l'altro giorno ho rivisto un mio duetto con Lionel Hampton, che serata. E quando mi ritrovai in un pianobar di via Veneto a Roma con Ella Fitzgerald e Oscar Peterson al pianoforte? Ero estasiato.