Che cosa farò a Roma? Non so mentire.— Decimo Giunio Giovenale
Che cosa farò a Roma? Non so mentire.
Tutti qui viviamo in una condizione di ambiziosa povertà.
Nel suo castello maledetto nessun signore ha mai castrato ragazzi brutti. Adolescenti storpi e scofolosi, gobbuti dietro e davanti Nerone non li rapisce.
Coloro per i quali l'unica gioia consiste nel mangiare possono dare soltanto quell'unico, bestiale significato alla propria esistenza.
Si deve conoscere la propria misura.
C'è chi, come prezzo del proprio misfatto, ebbe la forca, chi la corona.
Mentre a Roma si discute, Sagunto è presa.
La grande Roma deve essere quella d'un tempo: il centro della cultura mondiale, e il Vaticano sarà il ghetto del cattolicesimo.
Madre comune d'ogni popolo è Roma e nel suo grembo accoglie ognun che brama farsi parte di lei. Gli amici onora; perdona a' vinti; e con virtù sublime gli oppressi esalta ed i superbi opprime.
Roma sta bruciando, e il problema non sono quelli che hanno appiccato il fuoco. Quelli sono irrecuperabili. Il problema siamo noi, tutti noi, che non facciamo niente, che manovriamo per restare ai margini delle fiamme.
Spesso mi tornano in mente cose che ho dimenticato negli anni. Ad esempio, l'altro giorno ho rivisto un mio duetto con Lionel Hampton, che serata. E quando mi ritrovai in un pianobar di via Veneto a Roma con Ella Fitzgerald e Oscar Peterson al pianoforte? Ero estasiato.
Roma, della quale siamo più diretti debitori, rese il più grande servizio al mondo diffondendo la tradizione greca ed adattandola alle rinnovate condizioni delle terre occidentali.
A Roma tutti sanno cosa succede, ma non lo capisce nessuno.
Oh Roma! mia patria! città dell'anima!
Roma non è sporca è disordinata, e questo disordine spesso fa pensare che è sporca.
Roma, ne l'aer tuo lancio l'anima altera volante: accogli, o Roma, e avvolgi l'anima mia di luce.