Abitudine. All'inizio il filo di una ragnatela, poi un cavo.
Celibe. Un uomo che ha perso l'occasione di rendere infelice una donna.
Verità. Una cosa che alcune persone odiano per lo stesso motivo per cui le donne odiano la bilancia.
Imitazione. La più sincera delle adulazioni.
Il pessimista è uno che se può scegliere fra due mali li prende entrambi.
Banchiere: colui che presta il denaro degli altri e tiene l'interesse per sé.
Forme pietrificate e ormai irriconoscibili della nostra prima felicità, del nostro primo orrore, queste sono le abitudini.
L'abitudine è il più spietato dei veleni perché entra in noi lentamente, silenziosamente, cresce a poco a poco nutrendosi della nostra inconsapevolezza, e quando scopriamo d'averla addosso ogni fibra di noi s'è adeguata, ogni gesto s'è condizionato, non esiste più medicina che possa guarirci.
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marcia, chi non rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.
L'abitudine rende sopportabile anche le cose spaventose.
Non nella novità, ma nell'abitudine troviamo i piaceri più grandi.
L'abitudine è mezza padrona del mondo. "Così faceva mio padre" è sempre una delle grandi forze che guidano il mondo.
Mi stavo abituando a mettere mia moglie sotto un piedistallo.
Molte cose indifferenti, fatte dagli uomini per un qualche motivo, continuano a farsi per abitudine.
L'abitudine e il timore del nuovo sono ostacoli alla nostra crescita e ci fanno rimanere quelli di sempre con una vita piatta, insignificante e sempre uguale.
Certe abitudini si possono più facilmente troncare che moderare.