Chi non vuole morire non vuole vivere.
Nessuno può elargire benefici con tanta avvedutezza da non ingannarsi di frequente: cadano pure nel vuoto, purché qualche volta non vadano perduti.
Non c'è mai grande ingegno senza una vena di pazzia.
Non avere niente che ci infiammi e ci sproni, niente che metta alla prova la nostra fermezza d'animo con le sue minacce e i suoi assalti, ma giacere in una tranquillità imperturbata non è quiete: è apatia.
Certe abitudini si possono più facilmente troncare che moderare.
La solitudine è per lo spirito, ciò che il cibo è per il corpo.
La morte è come un pescatore che pigli il pesce nella rete e per un po' lo lascia in acqua; il pesce nuota ancora, ma ha tutt'intorno la rete, e il pescatore lo tirerà su, quando gli sembrerà opportuno.
Alla fine tutte le cose non devono forse essere inghiottite dalla morte?
Quando si nasce poeti, l'amore e la morte si fanno compagnia e tutti e due hanno le tasche bucate per non contare gli anni.
La morte dei giovani è un naufragio, quella dei vecchi un approdare al porto.
La morte è l'ammirevole liquidazione della vita.
L'idea che si morirà è più crudele del morire, ma meno dell'idea che un altro sia morto.
Il vero antidoto alla paura della morte non può che provenire dalla vita. Essa è un formidabile diversivo, un antidoto che respinge indietro quel pensiero e quella paura.
La morte è il fondo scuro che serve a uno specchio se vogliamo vedere qualcosa.
Ogni anno oltrepassiamo senza saperlo il giorno della nostra morte.
È più facile sopportare la morte senza pensarvi che il pensiero della morte senza pericolo.