Che cosa è l'uomo che invidia l'altro uomo, se non una miseria che invidia un'altra miseria?— Arturo Graf
Che cosa è l'uomo che invidia l'altro uomo, se non una miseria che invidia un'altra miseria?
Pochi uomini desiderano veramente di morire; ma infiniti vorrebbero non esser mai nati.
È assai più facile essere caritatevole che giusto.
È destino dell'uomo di sottostare al dolore; vanto il non lasciarsi vincere e atterrare da esso.
La ricchezza può essere buon condimento nel banchetto della vita; ma tristo quel commensale cui essa sia tutt'insieme condimento e vivanda.
È già molte volte accaduto nel mondo che un vecchio errore, conosciuto per tale, e come tale mandato in bando, ripresentato poi in capo di certo tempo, fu accolto come eccellente e novissima verità.
L'invidia ha gli occhi e la fortuna è cieca.
Non si deve invidiare nessuno; i buoni non meritano invidia; per quanto riguarda i cattivi, più hanno fortuna e più si rovinano.
Non invidiamo quelli che stanno più in alto: quelle che sembravano vette si sono rivelate dirupi.
Tra invidia e superbia c'è una sottile parentela dovuta al fatto che il superbo, se da un lato tende a superare gli altri, quando a sua volta viene superato non si rassegna, e l'effetto di questa non rassegnazione è l'invidia.
La morte acquieta l'invidia completamente, la vecchiaia lo fa per metà.
Dobbiamo credere nella fortuna. Altrimenti come potremmo spiegare il successo di chi non ci piace?
Spesso si fa pompa delle passioni più delittuose; ma l'invidia è una passione timida e vergognosa che non si osa confessare.
L'invidia è l'arte di contare i colpi di fortuna degli altri anziché i propri.
Pochissime persone parlano chiaramente e volentieri dell'invidia che provano: parlarne apertamente inibisce perché è come mettersi a nudo, svelare la parte più meschina e vulnerabile di sé.
La spia va a caccia per conto d'altri, come il cane; l'invidioso va a caccia per conto proprio, come il gatto.