Nella vita la cosa più audace è odiare la morte; sono disprezzabili e disperate le religioni che ottundono questo odio.
Tutto ciò che viene mangiato è oggetto di potere.
Ogni lingua ha un suo silenzio.
Gli occhi molto belli sono insostenibili, bisogna guardarli sempre, ci si affoga dentro, ci si perde, non si sa più dove si è.
I giorni vengono distinti fra loro, ma la notte ha un unico nome.
L'uomo che ha per totem la zanzara vuole che la sua gente divenga numerosa come le zanzare.
Una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica.
Crediamo che la morte ci segua e, invece, ci ha preceduto e ci seguirà. Tutto quello che è stato prima di noi è morte; che importa se non cominci oppure finisci, quando il risultato in entrambi i casi è questo: non esistere.
La morte non è male: perché libera l'uomo da tutti i mali, e insieme coi beni gli toglie i desideri. La vecchiezza è male sommo: perché priva l'uomo di tutti i piaceri, lasciandogliene gli appetiti; e porta seco tutti i dolori. Nondimeno gli uomini temono la morte, e desiderano la vecchiezza.
Il cimitero è pieno di grandi uomini di cui il mondo non poteva farne a meno.
Mi scrive l'amica di Londra: "A giudicare da certi cimiteri ci sarebbe da pensare che noi trattiamo i nostri cari meglio da morti che da vivi.
Non ci si prepara alla morte, ci si separa della vita.
La morte è l'ammirevole liquidazione della vita.
Nulla possiamo dire "nostro" eccetto la morte.
Dove non è spirito che svegli la vita in qualsivoglia cosa, è morte.
Alla morte pensaci, per non temerla mai.
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