Il male è l'illimitato, ma non è l'infinito.
I santi (i quasi santi) sono più esposti degli altri al diavolo, perché la reale conoscenza che posseggono della propria miseria rende loro la luce quasi intollerabile.
Chi riesce a mantenere la propria anima orientata verso Dio mentre un chiodo la trafigge, si trova inchiodato al centro stesso dell'universo. È il vero centro, che non sta nel mezzo, che è fuori dello spazio e del tempo, che è Dio.
L'infelicità rende Dio assente agli occhi degli uomini per un certo tempo, più assente di un morto, più assente della luce in una prigione oscura.
L'attenzione assolutamente pura è preghiera.
Il bello è la prova sperimentale che l'incarnazione è possibile. Per questo ogni arte di prim'ordine è, per sua essenza, religiosa.
Il filosofo rimane confuso, vedendo quanti mali bisogna tollerare, e quanti talvolta favorire, perché il male non cresca fuor di misura.
Se gli uomini potessero operare impunemente, non esiterebbero a compiere il male. Né dopo si sentirebbero peggiori.
Il concetto di rappresentare il male e poi distruggerlo è considerato importante, ma penso che ormai sia marcio. Questa idea che ogni volta che succede qualcosa di male, qualcuno in particolare può essere accusato e punito, nella vita così come nella politica non trova speranza.
È da lì che proviene tutto il male: Dio è un uomo.
Tutti siamo impastati di bene e di male, ma questo ultimo bisogna vincerlo.
A raccontare i propri mali, spesso vi si porta sollievo.
Nessuno può farti più male di quello che fai tu a te stesso.
Ecco una delle cause dei nostri mali: viviamo imitando il prossimo e non ci facciamo regolare dalla ragione, ma trascinare dall'abitudine.
Nessun male è grande se è l'ultimo.
Possibile che non si possa vivere senza far male agli innocenti?
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