Né visita di morto senza riso, né sposalizio senza pianto.— Giovanni Verga
Né visita di morto senza riso, né sposalizio senza pianto.
Le cose lunghe diventano serpi.
Nella stessa casa suocera e nuora insieme ci stanno proprio come due mule selvaggie alla stessa mangiatoia.
La fame fa uscire il lupo dal bosco.
L'uomo per la parola, e il bue per le corna.
Entriamo nel sonno per un atto di egoismo giornaliero: nella morte per un egoismo definitivo.
La severa uguaglianza della morte ridarà a ciascuno il suo: la codardia della attossicata calunnia compagna infesta della vita rifugge dalla maestà dei sepolcri.
La pena di morte, così come la si applica, è una disgustosa macelleria, un oltraggio inflitto alla persona e al corpo.
Il giorno che temiamo come ultimo è soltanto il nostro compleanno per l'eternità.
Parlare di morte è come parlare di denaro. Noi non sappiamo né il prezzo né il valore.
Della morte questo deve essere detto: per lei, non c'è bisogno di scendere dal letto. Ovunque ti capiti di stare, sta sicuro che gratis te la verranno a portare.
Come il sole la nebbia, così il pensier della morte fuga e discioglie ogni cupidigia, ogn'invidia, ogni odio.
La salute non ha mai prodotto niente. L'infelicità è un dono. Io mangio solo per nutrire il dolore. La preparazione alla morte dura una vita intera.
Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché io partecipo all'umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: essa suona anche per te.
Spero che l'uscita sia gioiosa e spero di non tornare mai più.