L'abitudine è, fra tutte le piante umane, quella che ha meno bisogno di un suolo nutritivo per vivere e la prima a spuntare sulla roccia apparentemente più desolata.
Per quanto ci si creda tranquilli quando si ama, l'amore è sempre nel proprio cuore in equilibrio instabile.
È nella malattia che ci rendiamo conto che non viviamo soli, ma incatenati a un essere d'un altro regno, dal quale ci separano degli abissi, che non ci conosce e dal quale è impossibile farci comprendere: il nostro corpo.
La sofferenza è una specie di bisogno dell'organismo di prendere coscienza di uno stato nuovo che l'inquieta, di rendere la sensibilità adeguata a questo stato.
Ci sono solo due tipi di persone: i magnanimi e le altre.
L'universo è vero per tutti noi e dissimile per ciascuno.
Gli uomini si abituano a tutto con una spaventevole rapidità.
L'abitudine è mezza padrona del mondo. "Così faceva mio padre" è sempre una delle grandi forze che guidano il mondo.
L'abitudine può cambiare lo stampo della natura, e domare il diavolo o cacciarlo del tutto, con forza meravigliosa.
L'uomo ama di scorrere in un circolo di varie abitudini piuttosto di gettarsi in una serie nuova d'idee.
L'abitudine rende sopportabili anche le cose spaventose.
L'abitudine è un abito che, indossato da giovani, ci rifiutiamo di togliere vita natural durante.
L'abito è grande maestro, ma di per sé insufficiente, se non vi si aggiunga la ragione pensata e la volontà di quello a che l'uomo si viene abituando.
La natura sbaglia raramente, l'abitudine spesso.
L'abitudine è un mostro che consuma e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni. Allo stesso modo è un angelo in tutto ciò che dà inaspettatamente alle azioni buone e virtuose una facilità, una sembianza naturale, che le fa credere innate nell'uomo.
L'abitudine si vince con l'abitudine.
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