Noi diciamo la morte per semplificare, ma ce ne sono quasi quante le persone.
L'unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell'avere nuovi occhi.
Più tardi si vedono le cose in modo più pratico, pienamente conforme con il resto della società, ma l'adolescenza è il solo tempo in cui si sia imparato qualcosa.
La generosità non è spesso che l'aspetto interore che prendono i nostri sentimenti egoistici quando non li abbiamo ancora nominati e classificati.
Come un uomo intelligente non ha paura di sembrare stupido a un altro uomo intelligente, così non da un gran signore, ma da un cafone l'uomo elegante teme di vedere misconosciuta la sua eleganza.
Forse l'immobilità delle cose intorno a noi è loro imposta dalla nostra certezza che sono esse e non altre, dall'immobilità del nostro pensiero nei loro confronti.
L'ultimo atto è cruento, per quanto bella sia la commedia in tutto il resto; alla fine, ci gettano un po' di terra sulla testa, ed è finita per sempre.
La morte di un uomo è meno affar suo che di chi gli sopravvive.
Morte... è l'unica cosa che non siamo riusciti a volgarizzare del tutto.
Si muore talmente meglio quando si crede a qualcosa. Si muore talmente di meno.
Non si può ancora morire mentre ti agiti inerte. Aggrappati all'ultima azione che ancora puoi fare: non devi fallire la morte.
Ci sono persone a cui la morte dona un'esistenza.
La morte non è mai banale: è solennità, è mistero.
La morte è un'usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare.
Il cimitero è pieno di grandi uomini di cui il mondo non poteva farne a meno.
La statistica ci segnala che possiamo contare in tutto su un venticinquemila giorni; qualche migliaio in più per qualcuno. Ma dopo non ce ne saranno altri. Per nessuno. Sì: anche per me che scrivo, anche per te che leggi sarà subito sera.